Strumento cognitivi e strumenti operativi: sfida per ridefinire i confini dell'architettura - l'esempio della nozione di paesaggio


11 ottobre 2023  - Lezione n.4

Gli strumenti cognitivi e operativi nell'architettura del passato si basavano sulla Triade Vitruviana, comprendente UTILITAS per la funzionalità, FIRMITAS per l'aspetto strutturale e costruttivo, e VENUSTAS per la bellezza ed eleganza. Tuttavia, nel contesto moderno, questi tre principi non sono più sufficienti per definire in modo esaustivo l'architettura. Nel corso dei secoli, l'architettura ha subito cambiamenti e ampliamenti considerevoli.

Un nuovo aspetto cruciale da considerare è il paesaggio, la cui evoluzione nel tempo può essere analizzata attraverso due distinte prospettive: il dato, ovvero l'ambiente fisico (il mondo), e l'interpretazione del dato, ovvero il paesaggio stesso. Una definizione chiave del paesaggio emerge come una rappresentazione estetica, collettivamente condivisa e culturalmente influenzata, in continua evoluzione, di una porzione di mondo.

Esaminando questa definizione, si evidenzia come la raffigurazione del paesaggio abbia subito mutamenti nel corso del tempo. Dai dipinti come "Effetti del Buon Governo in città" (1338-1340), che rappresentavano il legame con il processo di antropizzazione dell'uomo, si giunge alla fase industriale e moderna, caratterizzata da un radicale stravolgimento del linguaggio rappresentativo. In questo contesto, artisti come Paul Klee e Piet Mondrian hanno influenzato l'architettura, introducendo una visione più schematica, geometrica ed orizzontale.

L'architettura contemporanea, pertanto, si trova ad affrontare una molteplicità di fattori, tra cui la complessità del paesaggio e l'evoluzione delle sue rappresentazioni, che vanno al di là della Triade Vitruviana, richiedendo una comprensione approfondita e una reinterpretazione creativa dei principi fondamentali.


Alla fine degli anni ’80 si è cominciata a diffondere l’idea che possiamo definire “il paesaggio come paradigma del progetto architettonico”.

La parola “paesaggio” ha un significato diverso dalla parola “natura” che è abitualmente usato nel contesto dell’architettura funzionalista. Infatti, la parola “natura” si poneva in maniera “esterna” rispetto all’architettura e pertanto i volumi puri nati dall’applicazione della logica industriale si posassero come solidi platonici su un terreno estraneo (come una sorta di vassoio). La natura era vista come una terra di conquista per una città in espansione e come una risorsa puramente igienica (sole, aria, luce) che serviva all’architettura.

Il concetto di “paesaggio” ribalta l’oggetto in soggetto e l’idea di estraneità in interiorità. Il “paesaggio” è figura, pensiamo al paesaggio come immagine e in particolar modo la sua rappresentazione in pittura. Possiamo estrarre tutto dal paesaggio, cielo, natura, verde, acqua, persone e animali ma non possiamo pensare in alcun modo al paesaggio senza pittura; per pittura si intende la forma di rappresentazione bidimensionale di un dipinto, da Caravaggio a Pollock.

Perché non possiamo fare a meno della pittura per parlare di paesaggio? In primo luogo, perché la pittura ci obbliga a un rapporto critico con il vedere, ossia non è il paesaggio che esiste realmente, esiste solo un’interpretazione estetica del mondo che chiamiamo paesaggio. Quindi il paesaggio è interpretazione e non è natura, territorio o materia. In secondo luogo, la pittura, oltre ad essere interpretazione critica è anche progetto; non si può avere pittura senza sguardo critico. Nella pittura lo sguardo non è passivo ma attivo nel costruire l’immagine e che propone un progetto di trasformazione.  Cézanne non ha ritratto una montagna com’era, ma come doveva essere. Le Corbusier, Mies e Gropius hanno costruito il paesaggio e noi abitato.

Pittura, rappresentazione, nozione di paesaggio si collegano così al progetto.

Vi è un’altra ragione, il paesaggio attraverso la rappresentazione pittorica non è solo interpretazione critica e progetto, ma è al tempo stesso, autorappresentazione e autoritratto; Van Gogh è decisivo per carpire questo aspetto. La nozione di autoritratto per intendere il paesaggio, si collega al rapporto tra soggettività e collettività. Come le persone sanno misurarsi con gli altri, così anche il paesaggio è un campo di mediazione tra soggetto (e rappresentazione personale) e collettività. Quindi la nozione di paesaggio si gioca tra personalità individuale e responsabilità collettiva.

La definizione: il paesaggio è la rappresentazione estetica, condivisa collettivamente e culturalmente, ma in costante evoluzione, di una parte del mondo.