Il ruolo strutturale della Informazione: la Terza Ondata

4 ottobre 2023 - Lezione n.2

Nel suo saggio "La terza ondata", il sociologo Alvin Toffler presenta un'analisi di natura socio-economica incentrata sulla domanda: perché l'informazione assume una struttura così significativa nella civiltà contemporanea? Esamina tutte le fasi storiche che hanno caratterizzato la produzione di beni nell'arco della storia umana e ipotizza tre fasi specifiche:

Toffler sviluppa la sua teoria sulla base dell'idea che un elemento specifico subisca variazioni nell'influenza che le diverse aree esercitano su di esso a seconda del periodo storico. Un esempio può essere rappresentato dal "Peperone". Nella fase agricola, il terreno emerge come l'elemento preminente, distanziandosi nettamente dagli aspetti legati alla tecnologia e all'informazione. Nella fase industriale, la gerarchia cambia, mantenendo il terreno come elemento predominante, ma introducendo una maggiore rilevanza della tecnologia con l'avvento delle fabbriche e dei nuovi macchinari di produzione.

Nell'epoca moderna, è innegabile che l'informazione e l'intero ambito della pubblicità abbiano un'influenza predominante sull'elemento, in questo caso il "peperone". Quello che originariamente era l'elemento fondamentale, ovvero la terra, assume ora un ruolo quasi marginale.

Il sociologo Alvin Toffler nel 1980, nel suo libro “La terza ondata”, sosteneva che all’era agricola, durata parecchie migliaia di anni, e all’era industriale ed elettrica durata circa centocinquanta anni, si era ormai sostituita ufficialmente l’età elettronica, il cui centro era l’informazione e il suo trattamento.

Tutti conosciamo l’abusata dizione “la rivoluzione industriale”; ebbe luogo tra il Settecento e l’Ottocento quando la forza lavoro per la prima volta venne prodotta artificialmente e l’invenzione della macchina a vapore determinò un cambiamento di portata epocale: spostamenti di popolazione, accumulo di capitali, trasformazione e nascita di città diverse dal passato, nuove classi sociali, nuovi sistemi filosofici, una crescente accelerazione di scoperte tecnologiche.

L’industrialismo è stato per gli architetti e artisti una crisi durata più di un secolo ma tra il 1907 con Mademoiselles d’Avignon di Picasso e il 1926 con l’ultimazione del Bauhaus finalmente abbiamo una svolta e accade che l’arte risolve problemi che prima di essere risolti, non potevano neanche essere formulati con chiarezza.

La crisi si trasforma in valore e crea un’estetica di rottura.

L’architettura non aveva più schemi tipologici fissati, ma una libera e funzionale disposizione dei corpi, non più strutture lapidee ma puntiformi, non più opacità ma trasparenza, non più temi aulici, ma case, fabbriche, scuole e quartieri per tutti.

La novità simbolo fu l’edificio del Bauhaus, un simbolo così forte che la risposta al passato divenne globale.

Sotto i nostri occhi sta accadendo la stessa cosa, rivoluzione e nello specifico, “rivoluzione informatica”.

La caratteristica base dell’elettronica è che il supporto che contiene informazioni non è rigido (pietra, papiro, pergamena, carta) ma può mutare con la velocità della luce e quindi l’informazione varia continuamente. Il mondo informatico è una ragnatela mobile dove possiamo riaggregare nuclei informativi l’uno all’altro, gerarchizzarli in una miriade di relazioni e creare modelli. Quindi la parola “modello” diviene chiave in questo modo di ragionare. Il modello informatico di un edificio è un modello sia tridimensionale come uno reale e al tempo stesso un modello nell’accezione scientifica (modello matematico, finanziario, fisico, statistico). Tutti i programmi di CAAD (Computer Aided Architectural Design) consentono di avere una struttura gerarchica che rappresenta la possibilità di creare nella progettazione quella ragnatela dinamica che è il centro della progettazione architettonica.

Dentro l’organizzazione di un progetto informatizzato è possibile avere relazioni dinamiche tra le informazioni che descrivono un progetto, per cui, al variare di alcune, ne variano di conseguenza altre a loro connesse.

Anche i messaggi sono cambiati. I messaggi fondamentali dell’epoca industriale sono messaggi assertivi: pensiamo alle pubblicità, “questo sapone lava più bianco”, “questo jeans è più resistente”, “questo dentifricio contiene fluoro”.  Sappiamo che la pubblicità di oggi manda sempre più messaggi traslati, partendo dal fatto che ovviamente il sapone che pubblicizzano lava più bianco e non occorre sottolinearlo, o che il loro jeans sia il più resistente. La pubblicità di oggi induce ad un’associazione tra una serie di elementi e il prodotto, spesso senza neanche farlo vedere e senza neanche descriverlo.

Si compra prima la narrazione, l’utopia di vita che il prodotto promette, poi la sua forma e si da assolutamente per scontato che esso funzioni. Quindi il contenitore stravince sul contenuto.

Si devono quindi lasciare i messaggi statici e assertivi e lanciare messaggi sostanzialmente metaforici, traslati, dinamici come l’elettronica stessa e in questa fase rientrano in gioco le figure retoriche, ma ci soffermeremo solo sulla metafora.

In architettura, Libeskid fa una Z drammatica per raccontare il dramma dell’Olocausto, Eisenman un ballo di zolle telluriche per la sua chiesa, Gehry un fiore di loto nel suo auditorium, Domenig crepacci che si scontrano nella sua casa. Questi processi di metaforizzazione investono buona parte dell’architettura di oggi e che il suo campo fondamentale è una nuova interiorizzazione del paesaggio e del rapporto tra uomo e ambiente.

Molti architetti cercano specificatamente sul tema della pelle; la pelle dell’edificio è una membrana trasparente ricettiva, non solo attrezzata tecnologicamente, ma simbolicamente.